Dalle notizie di stampa si apprende che il Parlamento avrebbe approvato, in sede di conversione in legge del cosiddetto “Decreto Green Pass”, un emendamento che ha impatti importanti sugli adempimenti in capo al Datore di Lavoro.
Il testo della legge di conversione non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ne attendiamo l’ufficialità per poter valutare il testo definitivo; per quanto è possibile anticipare, la modifica di nostro interesse sarebbe l’inserimento della seguente disposizione:
5-bis. Il lavoratore, su richiesta del datore di lavoro, può comunicare ed esibire il termine di durata della validità della certificazione verde Covid-19. In tal caso, gli obblighi di verifica di cui ai commi 4 e 5 si intendono assolti, nei confronti del lavoratore medesimo, fino al predetto termine.
Ciò permetterebbe una significativa semplificazione delle attività di controllo all’ingresso, quantomeno nei confronti dei lavoratori che volontariamente decidessero di comunicare la data di scadenza del proprio Green Pass.
Segnaliamo, tuttavia, che tale disposizione si pone in contrasto con il Regolamento (UE) 206/679 (noto come GDPR) e con il Regolamento (UE) 2021/953 che disciplina i certificati COVID digitali dell’UE, ovvero i Green Pass. Contrasti puntualmente rilevati dal Garante Privacy e comunicati al Parlamento, pare senza riscontro alcuno.
In primo luogo, il GDPR sancisce che il consenso sia stato liberamente prestato – e quindi sia valido – ove non vi sia un “evidente squilibrio tra l'interessato e il titolare del trattamento” (Considerando 43). Ad avviso del Garante privacy nazionale e delle omologhe autorità europee, tra datore di lavoro e lavoratore vi è pressoché sempre “evidente squilibrio”.
In secondo luogo, il Considerando 48 del Regolamento 953 citato prevede che “Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l'accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati…”
Come noto, i Regolamenti Comunitari sono direttamente applicabili nei Paesi membri e prevalgono sulle norme interne, ove vi sia contrasto; le disposizioni introdotte in sede di conversione in legge dovrebbero quindi non essere applicate, salvo trovare una possibile interpretazione che le renda coerenti con le previsioni dei regolamenti europei citati.
Pur in attesa di leggere il testo definitivo in Gazzetta Ufficiale, anche in questo caso spetterà ad ogni datore di lavoro un difficile esercizio di equilibrismo tra le normative comunitarie e gli interventi di un legislatore nazionale frettoloso e poco attento.
In termini operativi, se il testo pubblicato comprenderà tale facoltà in capo ai lavoratori, occorrerà fare quanto segue:
- Circolare informativa a tutti i lavoratori;
- Aggiornamento della procedura aziendale;
- Individuare chi potrà recepire dai lavoratori che vorranno avvalersi di tale facoltà i dati strettamente necessari (nome, cognome ed eventuale numero identificativo, data di scadenza del green pass); rimane eccedente rispetto alla finalità e quindi non ammesso l’ottenimento e/o conservazione di copia del QR Code o dei dati in esso contenuti;
- Intervento di aggiornamento della formazione ai verificatori del possesso del Green Pass;
- Messa a disposizione in favore dei verificatori degli elenchi dei lavoratori da non sottoporre a verifica, valutando se inserire la data da cui rinnovare i controlli;
- Aggiornare periodicamente gli elenchi, in base alle eventuali nuove scelte di ulteriori lavoratori.
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