19/03/2020
Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 11 marzo scorso, il Governo ha decretato che la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino adeguati livelli di protezione ai lavoratori. Il Decreto raccomandava la definizione di un’intesa tra le organizzazioni datoriali e sindacali, per dare concreta attuazione alle misure.
In attuazione di tale Decreto il 14 marzo scorso è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.
Di fatto, la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo previo recepimento del Protocollo e adeguamento della propria organizzazione del lavoro alle prescrizioni ivi contenute.
Occorre adeguarsi rapidamente, pena il rischio di sospensione delle attività dell’azienda e, in caso di contagio tra i lavoratori, non sono da escludere profili di responsabilità anche penali per gli apicali, per il Datore di Lavoro e altre figure dell’organigramma della sicurezza.
Ciò che il Protocollo prescrive va calato ed inserito negli obblighi in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, mediante la redazione di una o più procedure o istruzioni operative ed integrando documenti che le aziende dovrebbero già avere. Saranno facilitate le imprese che hanno adottato un sistema di gestione della sicurezza (per esempio, secondo lo standard OHSAS 18001) o hanno integrato le procedure sulla sicurezza in un Modello 231.
Sembrano superate le perplessità sulla misurazione della temperatura del personale all’ingresso in azienda: il Garante privacy ha manifestato una posizione possibilista e, stando a quanto riportato da un documento di linee guida di Confindustria, è stato consultato durante i lavori di redazione del Protocollo.
Continua invece ad alimentare un forte dibattito un altro passaggio del testo del Protocollo, avente ad oggetto il delicato equilibrio tra i diritti fondamentali dei lavoratori ed i doveri dell’azienda e del medico competente: “Il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy il medico competente applicherà le indicazioni delle Autorità Sanitarie”. La punteggiatura claudicante contribuisce a rendere ulteriormente dubbia una prescrizione che sembra in contrasto con le tutele previste per i lavoratori e la disciplina a protezione dei dati personali.
I dubbi sono condivisi dall’Associazione Nazionale dei Medici d’Azienda (ANMA) che, in commento al protocollo, dichiara una sostanziale, netta contrarietà alla prosecuzione delle attività di sorveglianza sanitaria.
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