12/03/2020
Cassazione Penale, Sez. III, 4 marzo 2020, n. 8785
La Cassazione torna sulla punibilità dell’Ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001 per il reato associativo: stando alla recentissima sentenza della terza sezione, l’Ente può essere ritenuto responsabile anche quando l’associazione per delinquere, di cui deve far parte almeno un suo apicale o sottoposto, è finalizzata alla commissione di reati-fine non previsti dallo stesso Decreto.
Si riapre quindi lo scenario che vedrebbe, ad avviso di parte della dottrina, la punibilità delle aziende per qualsiasi reato commesso nel loro interesse o a loro vantaggio da apicali o sottoposti, purché mediante l’associazione per delinquere. Si è ritenuto che ciò potrebbe costituire un aggiramento della volontà del legislatore di punire gli enti solo per un insieme chiuso di reati.
Le conseguenze per l’Ente sono rilevantissime, in termini di sanzioni pecuniarie ed interdittive, come pure di confisca del profitto. Ed è noto quanto sia frequente la contestazione dell’associazione, quantomeno in sede di accusa.
In sede prevenzionistica – rilevante gli Enti che si sono dotati di un Modello 231 ed in questo confidano – è necessario lavorare affinché sia identificato il rischio associativo e, se necessario, intervenire sul Modello adottato per dotarlo degli opportuni protocolli preventivi.
La sentenza in commento porta, però, anche un contributo al disegno dei protocolli; in modo piuttosto chiaro fa cenno alla figura dell’amministratore di fatto e all’etero-direzione conseguente, che costituirebbe la colpa organizzativa punibile. Da qui se possono ricavare implicite indicazioni sui possibili protocolli preventivi da sviluppare per far fronte a lacune rimproverabili.
Abbiamo quindi un’ulteriore tessera, da costruire secondo le indicazioni della Cassazione e collocare nel complesso mosaico del buon Modello 231.
Torna alle news