Il 15 marzo 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo del 10 marzo 2023, n.24 in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e violazioni delle disposizioni normative nazionali. Dichiarato intento della norma in commento è uniformare le normative nazionali che disciplinano l’istituto del whistleblowing, così da garantire in tutti gli Stati membri la medesima protezione dei segnalanti (anche detti whistleblowers).
Cosa intendiamo per “whistleblowing”?
Il whistleblowing è una rilevazione spontanea di un illecito o di un’irregolarità commessa all’interno di un ente o di un’azienda, effettuata da un individuo (il segnalante, in inglese “whistleblower”) che ne è venuto a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni. Il whistleblower è nella maggior parte dei casi un dipendente, ma può essere anche una terza parte (ad esempio un fornitore o un cliente).
Il termine “whistleblowing”, la cui traduzione letterale è “soffiare nel fischietto” allude chiaramente al ruolo di arbitro assunto dal segnalante che richiede l’attenzione su di una attività illecita riscontrata durante lo svolgimento delle sue attività.
Quali sono le novità introdotte dal decreto sul whistleblowing e chi deve adeguarsi
Il Decreto è entrato in vigore il 30 marzo 2023, ma le disposizioni hanno effetto a decorre dal 15 luglio 2023 per le aziende con più di 249 dipendenti e dal 17 dicembre 2023 per gli enti del settore privato con un numero di dipendenti inferiore alla soglia indicata. Sono previsti casi di esenzione dall’obbligo per le aziende con meno di 50 dipendenti non dotate di un Modello 231 o non operanti in settori specificamente indicati.
Alla luce del recepimento della Direttiva in commento, l’istituto del whistleblowing, già noto all’ordinamento italiano e richiamato dal D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231, ha visto estendersi la sua portata in diversi punti.
In primo luogo, ad essere stato ampliato è il novero delle circostanze che possono essere oggetto di segnalazione, facendovi rientrare non solo le violazioni dei reati presupposto della normativa 231 ma anche le violazioni di numerose norme di diritto comunitario. Inoltre, è stata estesa la categoria dei soggetti classificati come “segnalanti”, non più circoscritta al personale apicale e sottoposto dell’ente ma estesa anche a azionisti, tirocinanti, volontari; la norma estende la tutela anche a soggetti diversi dal segnalante, se collegati a quest’ultimo da un legame affettivo o di parentela (entro il quarto grado se inseriti nel medesimo contesto lavorativo) o di colleganza (se aventi con il segnalante un “rapporto abituale e corrente”) o per altre tipologie minori di rapporto.
La “Direttiva whistleblowing” ha previsto altresì l’obbligo di attivare canali di segnalazione interna per:
- i soggetti del settore pubblico;
- i soggetti del settore privato che abbiano impiegato nell’ultimo anno la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati, a prescindere dal fatto che siano o meno dotati di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001;
- i soggetti del settore privato che, a prescindere dal numero dei dipendenti, rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell'ambiente;
- i soggetti che abbiano adottato un Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001.
Quali sono i canali e le modalità per effettuare una segnalazione
I canali di segnalazione interna devono essere dotati delle seguenti caratteristiche:
- devono garantire (anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia) la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione;
- la loro gestione deve essere affidata a una persona o ufficio interno ovvero ad un soggetto esterno, con caratteristiche di autonomia e composto da personale formato per la gestione del canale di segnalazione; i soggetti del settore pubblico che hanno l’obbligo di prevedere la figura del RPCT, affidano a questo la gestione del canale.
Quanto invece alle modalità per effettuare le segnalazioni, queste possono essere effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale mediante linee telefoniche o sistema di messaggistica vocale ovvero, su richiesta del segnalante, mediante incontro diretto.
Ulteriore aggiunta rispetto alla normativa nazionale, non di poco conto, riguarda le modalità di gestione delle segnalazioni interne. La normativa prevede difatti l’obbligo di fornire avviso di ricevimento della segnalazione e riscontro alla segnalazione entro tempistiche definite.
La Direttiva si esprime altresì in ordine alle tempistiche e modalità di conservazione delle segnalazioni.
Oltre a tutto quanto detto rispetto alle segnalazioni interne, il decreto legislativo in oggetto ha introdotto la possibilità di rivolgere segnalazioni esterne all’ANAC al sussistere di determinate condizioni:
- se nel contesto lavorativo del segnalante non è obbligatoria l’attivazione del canale di segnalazione interna ovvero è obbligatoria ma il canale non è stato attivato o non è conforme alle caratteristiche richieste dalla norma;
- se il segnalante ha già formulato una segnalazione interna e questa non ha avuto seguito;
- se il segnalante ha fondato motivo di ritenere che se effettuasse la segnalazione interna questa non avrebbe seguito e da questa potrebbe derivare un rischio di ritorsione;
- se il segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un imminente pericolo per il pubblico interesse.
Ulteriore canale di segnalazione previsto è il canale pubblico. La Direttiva in oggetto e di conseguenza le tutela in essa previste per i segnalanti si applica altresì in caso di segnalazione realizzata mediante divulgazione pubblica quando:
- la persona segnalante abbia preventivamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero direttamente una segnalazione esterna e non è stato dato riscontro entro i termini previsti dalla normativa;
- la persona segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente e palese per il pubblico interesse;
- la persona segnalante abbia fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto (es. timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa).
Quali sono le tutele per il whistleblower
La normativa vieta espressamente qualsiasi atto ritorsivo che sia conseguenza della segnalazione, ricomprendendo negli atti ritorsivi qualsiasi tipo di discriminazione anche indiretta quale, a titolo esemplificativo, la sospensione della formazione, le referenze negative, i danni alla reputazione della persona, etc..
In termini operativi, gli enti pubblici e privati destinatari della “Direttiva whistleblowing” dovranno dotarsi di canali di segnalazione idonei ovvero adeguare quelli già esistenti a quanto previsto dalla normativa. Inoltre, la persona o l’ufficio cui sarà affidata la gestione del canale di segnalazione interna dovrà fornire informazioni chiare sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne ed esterne.
Le sanzioni
La norma ha previsto la possibilità per l’ANAC di infiggere delle sanzioni al ricorrere delle seguenti circostanze:
- qualora siano state commesse delle ritorsioni, o qualora si accerti che la segnalazione sia stata ostacolata o che l’obbligo di riservatezza sia stato violato;
- qualora si accerti che non siano stati istituiti canali di segnalazione, che non siano state adottate procedureper l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni, o che l’adozione delle procedure non sia conforme alle disposizioni del Decreto.
Le sanzioni amministrative pecuniarie previste partono da un minimo di 10.000 euro fino ad un massimo di 50.000 euro.
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